Libero Cerrito


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La crisi nucleare iraniana

Il governo italiano si  colloca pragmaticamente nel solco della linea tracciata dal terzetto che negozia con Teheran, il cosiddetto UE-3 composto da Francia, Germania e Gran Bretagna, ma tenta, nei limiti del diplomaticamente possibile, di evidenziare la fondata preoccupazione americana delle pesanti ripercussioni anti-sistemiche che la dotazione nucleare dell’Iran rivoluzionario comporterebbe.. La corretta definizione dello scenario presente della Farnesina risponde al tema corrente degli ambienti militari e diplomatici internazionali sulla migliore strategia da adottare nei confronti della Repubblica Islamica: alleanza o isolamento? Quale  Iran possibile; democratico o rivoluzionario?
E’ su questi dilemmi che si gioca la partita in corso tra l’occidente e Teheran, ed è, quindi, in questi termini che gli ultimi avvenimenti e bi possibili scenari futuri vanno inquadrati, fermo restando che, la crisi è aperta proprio perché complessa e soprattutto, perché Stati Uniti, Europa ed Israele non hanno ancora scelto l’opzione da seguire. L’Iran è già sotto sanzioni economiche da parte statunitense,. Il problema è quello di comprendere se e come eventuali sanzioni economiche imposte dal Consiglio di Sicurezza Onu, possa indebolire il regime. C’è sicuramente l’ambizione storica, precedente calla salita al potere di Khomeini, di dotarsi del nucleare in una regione che, per storia, peso politico e influenza religiosa, ha da sempre visto l’Iran sciita tra le principali potenze. Israele ha circa duecento testate nucleari ed è il nemico ideologico del regime khomeinista. E’ impensabile pensare  che l’Iran stia sviluppando la tecnologia militare per fini meramente civili. E’ improbabile che l’Onu vieti di acquistare petrolio iraniano, come hanno fatto gli Usa. Il motivo risiederebbe nell’enorme potenziale di greggio che l’Iran possiede: 125 miliardi di barili al giorno, seconda riserva mondiale. Cina e Russia riforniscono l’Iran di armi e tecnologia per le telecomunicazioni, e, cosa fondamentale, sono titolari del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. La questione rimane: isolare l’Iraq, anche senza sanzioni Onu, per fermarlo sul tema nucleare, o collaborare con il commercio, della cooperazione culturale, per sgretolare le fondamenta del potere degli Ayatollah nel Paese, anche dotandolo della tecnologia nucleare? Al di là delle differenze di vedute tutti i maggiori esperti concordano su un punto: sino a quando Stati Uniti ed Europa saranno divisi sulla tattica da utilizzare per democratizzare l’Iran evitare la sua entrata nel club del nucleare l’Iran rivoluzionario raggiungerà i suoi scopi, con tutto ciò che esso comporta in termini dei sicurezza regionale, difesa di Israele, processo di democratizzazione in Medio Oriente e terrorismo internazionale, visti i comprovati rapporti tra Teheran e le varie organizzazioni islamiste, regionali e globali. Nel caso iraniano l’Onu difficilmente sarà in grado di trovare una soluzione pacifica alla disputa; è un’istituzione logora e mal funzionante, ancora strutturata secondo il modello post-bellico che l’ha generata, nel quale pochi possono decidere del destino di molti. Se Washington esercita costante pressione sul Consiglio di Sicurezza perché emetta una risoluzione che consenta ogni tipo di intervento, anche militare, per fermare l’Iraq, la Russia e la Cina si oppongono con la forza anche delle sanzioni economiche, minacciando di servirsi del loro diritto di veto. L’Europa resta dell’idea del dialogo, non convinta delle vere intenzioni di Bush. Secondo molti analisti il fine ultimo degli Usa non è bloccare l’ascesa nucleare iraniana, ma provocare l’ennesimo cambio di regime in Medio Oriente, per assicurare il controllo sulle risorse della regione per i prossimi dieci anni. Per quanto l’abitudine ci porti a pensare degli Usa come dell’unica superpotenza mondiale, la realtà ci spinge a dubitare di questa identificazione: per l’America è difficile ricoprire tale ruolo nel mondo di oggi, con un’Europa non sempre dalla sua parte, una Cina in costante crescita e una Russia sempre più coinvolta diplomaticamente ed economicamente negli affari internazionali. Il discorso sulla esportazione della democrazia non è applicabile all’Iran in quanto questo Paese conosce già una pur rozza forma di democrazia. Tra l’altro c’è chi pensa che le deliranti minacce di Ahmadinejad non siano rappresentative della politica che in effetti sarà seguita dall’Iran. Il suo sistema politico è molto particolare, ma ad una prima occhiata appare chiaro come il potere effettivo non sia nelle mani del Presidente della Repubblica,, bensì del capo delle forze armate e del responsabile della difesa, il Leader Supremo, l’ayatollah Ali Khamenei. Sembra che questi insieme al Supremo Consiglio di Sicurezza nazionale, non sia assolutamente d’accordo con Ahmadinejad, e che stia cercando una soluzione diplomatica, nonché un dialogo diretto con gli americani, che però gli Usa rifiutano, forse perché li costringerebbe a rinunciare ai loro piani di invasione del Paese. L’Asia e il Medio Oriente sono due mondi compositi e legati l’uno all’altro; se l’Iran venisse attaccato, ciò creerebbe un effetto domino che in breve tempo destabilizzerebbe l’intero continente. Nel momento in cui le l’Iran venisse assalito, si avrebbero rivendicazioni di autonomia da parte dei Curdi non solo in Iran e Iraq, ma anche in Siria e Turchia; da sempre Washington si è mostrata favorevole alla nascita del Kurdistan, nonostante il rapporto privilegiato che ha con Ankara e l’accordo militare di quest’ultima con  Israele. Le conseguenze di un attacco all’Iran potrebbero essere terribili per tutta l’Asia; dall’esplosione del prezzo del petrolio fino  alle guerre locali con l’uso di armi nucleari (che il Pakistan ha). Occorre dunque prevenire una tale situazione. Forse l’unico modo è che l’Occidente rinunci a condurre i negoziati, e lasci che siano Russia e Cina ad occuparsene. L’Iran vuole diventare un soggetto-chiave in una regione che sa essere controllata da Mosca e Pechino, ed è quindi più facile che trovi un accordo con loro: potrebbe persino accettare quanto prima aveva rifiutato, cioè l’offerta russa di arricchire l’uranio sul suo territorio per poi inviarlo in Iran sotto forma di energia. La cosa importante è che vi sia una guerra, e che non si abbandoni la via della diplomazia; a volte è semplicemente necessario farsi da parte per permettere a qualcun altro di fare il lavoro che non si è in grado di fare. Per quanto gli interessi dell’Occidente nell’area siano vitali, Pechino e soprattutto Mosca conoscono molto meglio il Medio Oriente; solo loro possono risolvere la questione iraniana.

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