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La guerra civile in Somalia Dopo il colpo di stato militare che nel 1969 aveva portato al potere Siad Barre, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 iniziaronoa formarsi organizzazioni di guerriglia (su base tribale) ostili al regime. Ebbe così inizio un’epoca di guerra civile intermittente. Nel 1991 Barre fu estromesso , ma la lotta per il potere che ne seguì contrapponendo diversi gruppi tribali, perdura ancora oggi. Il conflitto divenne sempre più confuso e violento; gli americani, arrivati nel 1992 in Somalia con la missione “Ibis” ( cui parte essenziale era costituita dall’Italia) si ritirarono nei primi mesi del 1994, provocando il fallimento della missione UNOSOM. L’obiettivo delle missioni Onu era la pacificazione della Somalia e la costituzione di istituzioni politiche democratiche. Nel 1995 l’Onu, incapace di far fronte alla situazione, ritirò le proprie forze (missione “Restore hope ). Il periodo fu caratterizzato dalle violenze dei”Signori della guerra” , i temibili capi-clan che sottomisero la popolazione e che costrinsero alla fuga , nel 1994, anche i caschi blu dell’Onu. Verso la fine degli anni ’90 ci fu un momento di importanti trattative diplomatiche, che incluse un accordo tra ventisei fazioni (1997), la Conferenza di pace di Gibuti (2000), e la Conferenza di pace di Mbagathi (2002). Nel 2004 il processo di pacificazione sembrava avviarsi alla conclusione; fu eletto dalla IGAD (l’organizzazione politico-commerciale formata dai paesi del Corno d’Africa) un parlamento federale e furono nominati un presidente ad interim (Abdullah Yusuf) e un governo, il Governo Federale di Transizione somalo (Tfg) ( con Primo Ministro Mohammed Gedi). Questi deboli istituzioni tuttavia non riuscirono ad esercitare la sovranità e a governare davvero il paese, anche a causa della presenza dei “signori della guerra” di Mogadiscio, contrari alla formazione di un governo di transizione. Dopo che erano stati intrapresi molti sforzi tesi a ristabilire il normale funzionamento delle istituzioni, la Conferenza di pace di Nairobi (2004) ha finalmente stabilito un parlamento e un governo temporanei. Ma il governo ha imposto la sua sovranità solo nel sud, non essendo in grado di operare a Mogadiscio dove la sovranità è stata nelle mani dei “signori della guerra”, boss locali in lotta tra loro, sino alla formazione delle Corti islamiche, percepite dalla popolazione come un fattore stabilizzante, principalmente grazie ai tribunali islamici che le Corti hanno insediato laddove intervenivano, stabilendo così, in modo pacifico, l’ordine pubblico. Nelle Corti islamiche, caratterizzate da un composizione composita, nel 2006 il potere passa dalle mani dei moderati a quelle dei fondamentalisti guidati da Aweys che aveva, in precedenza, comandato il braccio armato di Al Qaeda a Mogadiscio. Questa situazione ha sorpreso gli USA che avevano finalmente accettato il governo delle Corti islamiche a guida moderata, e l’Etiopia, dal canto suo, si è allarmata alla prospettiva di una Somalia integralista, particolarmente a causa della presenza nei suoi confini di popolazioni somale islamiche. Il primo alleato dell’Etiopia, gli USA, si ritira dalle trattative con il governo provvisorio di Mogadiscio incolpando le Corti islamiche di essere nelle mani di Al Qaeda. A quel punto l’Etiopia dichiara guerra alla Somalia e, il 28 dicembre, espugna Mogadiscio. Il 29 dicembre l’ex premier Ali Mohamed Gedi torna a Mogadiscio e insedia il governo centrale somalo. Il 23 gennaio le truppe etiopiche si ritirano dalla Somalia, determinando un potenziale vuoto di potere poiché l’arrivo delle truppe di pace panafricane, destinate a sostituire le truppe etiopiche, incontra grosse difficoltà di finanziamento. Si delinea, tuttavia, un ruolo maggiore del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in Somalia sia dal punto di vista delle missioni volte a ristabilire la pace sia nello spronare la comunità internazionale ad inviare massicci aiuti umanitari a Mogadiscio. Libero Cerrito |
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